Cecil Beaton: Fotografia e Spettacolo
“Un artista è interessante quando ha una personalità forte a sufficienza per essere scandaloso, ma riesce nello stesso tempo ad essere accettato dagli elementi più conservatori della società.”
Capita a volte di imbattersi quasi per caso in fotografie che immediatamente, per un motivo o per un altro, catturano la tua attenzione e ti restano a lungo impresse nella memoria. Quando poi la curiosità prevale, ti scopri a cercare frenetico informazioni sull’autore, sulla sua produzione artistica e sulla sua personalità. A me capita davvero spesso (maledetta curiosità) e stavolta è toccato a Cecil Beaton, autore il quale – oltre che per lo stile fotografico – mi ha catturato per la particolare personalità ironica e creativa, perfezionista, attenta al dettaglio e al contesto, particolarmente ironica e senza filtri. Caratteristiche interessanti veicolate perfettamente nei suoi scatti.
Classe 1904, Cecil Beaton nasce a Londra, figlio di un facoltoso commerciante di legname. Da piccolo sogna di diventare cantante ma si dedica, subito dopo il liceo, allo studio di storia e architettura a Cambridge. Si avvicina alla Fotografia solo a partire dal 1926, sviluppando quasi subito un gusto innovativo ed incline al genere stilizzato, nato anche dall’ispirazione per alcuni maestri come Edward Steichen, uno dei precursori della fotografia di moda. Contemporaneamente alla passione per la fotografia si sviluppa anche la sua vocazione di scenografo e costumista che lo porterà, sino al 1970, al disegno di costumi di scena e alla realizzazione di scenografie, prima per la televisione, poi per il cinema. Proprio questo innato senso dello stile lo porterà a vincere ben due Oscar per i film “Gigi” e “My Fair Lady“, in seguito ai quali il nome di Beaton diviene famoso grazie all’abito bianco e nero – presto divenuto icona di moda – disegnato per Audrey Hepburn in “My Fair Lady”.
Cecil Beaton
Audrey Hepburn con l’abito di scena disegnato da Beaton in “My Fair Lady”
L’abito disegnato da Beaton
Alla sua prima esposizione allestita in una galleria londinese poco conosciuta, segue un grande ed inaspettato successo che gli varrà l’assunzione alla rivista Vogue, dove lavorerà sino al 1950 iniziando come disegnatore e – solo successivamente – come fotografo. Il giro di boa si avrà solo nel 1927, quando Beaton approda a New York. Dandy, personaggio eclettico e modaiolo, Beaton diventa ben presto il fotografo delle dive e della realtà glamour e chic. Proprio in America – ad Hollywood negli anni 30, precisamente – inizia gran parte della sua produzione fotografica che vede protagoniste numerose dive dell’epoca come Marilyn Monroe, Lyz Taylor, Greta Garbo e molte altre.
La personalità del fotografo ormai è ben strutturata ed il suo nome circola nei club più blasonati. In tanti hanno ritratto le dive dell’epoca, ma dai lavori di Beaton traspare una femminilità raffinata e allo stesso tempo celebrata con gusto, senza tempo. Beaton è bravissimo a creare perfetti contesti ove collocare i suoi soggetti realizzando ritratti di impatto. I suoi lavori sono incisivi e di sovente ambientati in set surreali e spesso complessi ove compaiono specchi, materiali riflettenti ed altri oggetti – piume, fiori, lenzuola – volti a ricreare atmosfere oniriche e sempre studiate perfettamente, quasi delle “metafore” ricreate sottoforma di immagine.
Beaton, che della fotografia d’élite fu un pilastro, non si limitò solo al mondo dello spettacolo: nel 1937 viene nominato fotografo di corte della famiglia reale e dal 1939 al 1945 è il fotografo ufficiale del Ministero dell’informazione Britannico, periodo che lo vede per la prima volta nei panni del fotografo di guerra. Successivamente a questo periodo, il suo stile ritrattistico si fa meno artificioso a favore di un gusto più diretto e naturale. Dopo l’alta moda e il mondo patinato della mondanità, Beaton entra in contatto con il mondo pop, sfornando alcuni dei suoi lavori migliori, come l’indimenticabile Keith Richards a bordo piscina. Nel 1972 viene nominato baronetto e appena due anni dopo verrà colpito da un ictus che gli provocherà una paralisi del lato destro, evento che lo costringe ad adattare la macchina fotografica e ad imparare a scrivere con la mano sinistra. Ormai acclamato fotografo di successo, dopo lunghi anni di carriera, Beaton ci lascerà nel 1980, all’età di 76 anni, con una ricca produzione fotografica.
“Forse il secondo peggior crimine del mondo è la noia, poiché il primo è essere noiosi”
Una visione della vita, quella di Beaton, che ha permeato la sua intera produzione fotografica. Non sono solo le foto, ma trovo che sia il personaggio ad aver lasciato l’impronta nei fotografi e nelle generazioni a seguire. Sua è l’affermazione “Cerca di osare, essere differente e, soprattutto, di non essere mai pratico. Lotta contro ciò che è ordinario. Le routine avranno anche i loro fini, ma sono anche le nemiche assolute della grande arte“. Affermazione, questa, che ben rispecchia l’operato di una vita intera di un creativo che ha saputo, nel vasto bacino dei fotografi d’autore, affermarsi con carattere e determinazione, complice l’indole particolarmente eclettica, un gusto innato per lo stile e una forte predilezione per i set e le scenografie. Pochi sapevano mettere a proprio agio le persone davanti all’obiettivo come Cecil Beaton, il quale riusciva a ritrarre quasi “intimamente” le persone, per poi svelarne, in secondo momento, dettagli e retroscena che “arricchivano” ulteriormente lo scatto. Tante sono le sue fotografie rimaste celebri nell’immaginario collettivo, soprattutto i ritratti, con i quali è stato capace di raffigurare perfettamente personaggi della cultura e dello spettacolo dell’epoca catturandone le espressioni, i gesti, i tratti distintivi che li caratterizzano maggiormente. Guardando i suoi scatti mi viene spontaneo andare oltre la semplice foto per “leggere” qualcosa in più del soggetto fotografato.
Ottimo Fotografo ma anche uomo dalla tagliente battuta sempre pronta (e spesso, c’è da aggiungere, velenosa), che colpiva proprio il mondo patinato che egli stesso sapeva descrivere tanto abilmente. Non risparmiò nessuno: dai reali alle grandi dive, molti furono colpiti dalla sua pungente ironia. Peggy Guggenheim era orribilmente “sciatta”, Katherine Hepburn fu definita uno “stivale rinsecchito”, Liz Taylor una donna “volgare“… Giudizi sprezzanti che colpivano proprio la magnifica illusione onirica ricreata dai suoi scatti, i quali però sapevano ben celare, il più delle volte, la mediocrità della realtà e forse la delusione dello stesso autore per quella realtà blasonata che celebrava e condannava allo stesso tempo. Tutto ciò traspariva senza filtri nelle sue parole, conservate in numerosi testi e diari. Una vita, quella di Beaton, complessa, sfaccettata e sicuramente mai noiosa. Una “finzione divertente“, come egli stesso la definì, nella quale, con la sua raccolta di fotografie e diari personali, ha lasciato ai posteri una visione reale di dive, artisti e personaggi famosi, forse mai descritti in modo così vero e tagliente.
Cecil Beaton, Barbra Streisand 1970
Cecil Beaton, Marilyn Monroe, 1956
Cecil Beaton, Nureyev
Cecil Beaton, Marylin Monroe
Cecil Beaton, Ritratto di Greta garbo, 1946
Cecil Beaton, Ritratto di Maria Callas, 1957
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