Alla scoperta del rapporto che lega l'immagine fissa a quella in movimento: due linguaggi che comunicano e creano nuove ispirazioni.
Due mondi uniti da un sottile filo rosso, due mondi che comunicano enormemente. Fotografia e Cinema nascono quasi contemporaneamente, con percorsi frutto di diverse e fortunate intuizioni. Nel Cinema abbiamo l’illusione del movimento, in fotografia no.
La Fotografia, l’immagine statica, ha scambiato tecniche narrative, ispirazioni estetiche, uso della luce, evocazioni di atmosfere con il mondo del Cinema che, a sua volta, è un’immagine fissa in movimento.
Questi due linguaggi hanno avuto e hanno tuttora un legame unico che nel tempo è stato fertile fonte di reciproci stimoli e che ancora oggi produce interessanti ispirazioni, sia in registi che fotografi. Entrambi questi linguaggi hanno intessuto a loro volta uno stretto legame con la letteratura da cui traggono idee, soggetti, sceneggiature, atmosfere e con cui scambiano – ancora una volta – interpretazioni, complicità, visioni del mondo.
E’ un continuo “dare e avere” creativo che affonda le sue radici in più mondi dando vita a nuove forme e ispirazioni.
Anche la tecnologia entra in gioco in questo percorso fluido di scambio e comunicazione. Anzi, la tecnologia è fondamentale. La cinematografia si è evoluta con l’evolversi della tecnologia. Nell’ultimo periodo le apparecchiature tecniche utilizzate si assomigliano sempre di più fino – in alcuni casi – a sovrapporsi: con la stessa “camera” digitale possiamo realizzare sia immagini fisse che in movimento.
I film possono insegnare molto ai fotografi, dalla composizione all’inquadratura, dalla scelta dell’illuminazione alla scelta tra il bianco e nero e il colore. Ogni scelta ha il suo perché, nulla è a caso. Grandi registi sono nati fotografi o hanno avuto la fotografia come passione, grandi fotografi sono stati o sono diventati registi: Kubrick, Tornatore, Wenders, Cartier-Bresson e Corbjin, per fare alcuni esempi distanti nel tempo.
Conoscere per ispirarsi
Analizziamo l’intenso rapporto che esiste e accomuna questi due linguaggi, prendendo anche ispirazione da libri (come L’Image d’après, che nasce da una espressione coniata da Henri Cartier-Bresson proprio per definire il cinema in rapporto alla fotografia).
Per il Fotografo il cinema è sempre “l’immagine che viene dopo“, un modo particolare di definire la progressione tipica della narrazione cinematografica ma anche la differenza tra immagine fissa e in movimento.
A cosa serve la fotografia nel cinema?
Quando pensiamo al Cinema è facile soffermarsi sulla sola figura del Regista, ma ancor più importante sarebbe soffermarsi anche sulla figura del Direttore della Fotografia (Dop). Il suo è un ruolo fondamentale: in primis, sceglie come illuminare la scena interpretando la sceneggiatura e lavora in stretta collaborazione con il Regista, con cui ha un rapporto privilegiato. Innanzitutto e soprattutto, ricordiamoci che la Fotografia è “luce”, è l’elemento indispensabile, artificiale o naturale, che scolpisce e definisce l’immagine. L’illuminazione è probabilmente l’aspetto peculiare della fotografia del film, ma non solo. Il DOP coordina il suo team, dirige l’operatore di macchina e i suoi assistenti ma anche le squadre di macchinisti ed elettricisti. Si confronta con lo scenografo, l’arredatore, il costumista, il montatore.
Gli elementi della fotografia nel cinema
Oltre all’illuminazione, la Fotografia nei film comprende anche la scelta del punto di vista, quindi la posizione delle macchine da presa, nonché la distanza e l’ampiezza dell’inquadratura. L’inquadratura: la fotografia è anche questo! La scelta di quanto e cosa si vuole riprendere (quello che è in campo o fuori campo), andando poi a comporre le sequenze del film. Parte fondamentale è dunque il movimento della macchina, che può richiedere attrezzature particolari. A differenza della Fotografia tradizionale, quella dei film si arricchisce di ulteriori aspetti.
Qui un frame di Barry Lyndon di Stanley Kubrick (1975). © Hawk Films Ltd., Peregrine, Warner Bros.
Quest’ultimo si è ispirato ai quadri di William Hogarth, Joshua Reynolds, Thomas Gainsborough e altri pittori. La scenografia è curata nei minimi dettagli e le inquadrature diventano quadri meravigliosi. Barry Lyndon è famoso anche per un altro motivo: l’apparecchiatura. Per realizzarlo vennero utilizzate nuove macchine da presa messe a punto dalla Panavision ma soprattutto una particolare lente studiata dalla Zeiss per la NASA: il Planar 50mm f/0.7, l’obiettivo più luminoso mai realizzato nella storia della fotografia! Ciò permise di eseguire le riprese esclusivamente con l’ausilio della sola luce naturale o della debole luce di candele e lampade a olio, contribuendo a rendere le inquadrature delle vere opere d’arte. Barry Lyndon ottenne il Premio Oscar alla migliore fotografia (John Alcott), alla migliore scenografia (Ken Adam) e ai migliori costumi (Milena Canonero e Ulla-Britt Soderlund).
Quindi la Fotografia nel cinema è Luce, studio delle inquadrature e… Non solo.
Il reparto Fotografia si occupa anche della messa a fuoco, della profondità di campo e, in fase di pre-produzione, della scelta del formato finale che dovrà avere il film.
A completare gli elementi che compongono la Fotografia cinematografica vi è infine la scelta dei colori, operazione che un tempo veniva attuata grazie all’uso di appositi filtri ma che oggi viene elaborata direttamente al computer nella fase di post-produzione.
Tutto questo – la luce, le inquadrature, la messa a fuoco, i colori… – è la Fotografia di un film, il complesso frutto di un processo tecnico ma anche artistico finalizzato a raggiungere uno scopo preciso: creare una certa atmosfera, dare “stile” al film, valorizzare lo stato d’animo di un personaggio, esaltare al massimo le sensazioni che si vogliono suscitare nello spettatore.
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