Hai mai riflettuto su come vedi la realtà che ti circonda? Su come interpreti i colori, le luci, le scene che vivi nel quotidiano?
Io sì. Spesso. Partono subito connessioni mentali tra le immagini che vedo e i tanti “cassetti” nella mia testa: musica, film, libri, persone. Diventa inevitabile non tradurre in “qualcosa” qualsiasi immagine riesca a catturare con gli occhi e, se possibile, con la macchina fotografica. Ultimamente la parola d’ordine, il mantra delle mie visioni quotidiane è sempre relativo allo stesso concetto: sentirsi “in bilico”. Sarà anche per gli ultimi periodi vissuti, legati al post covid, ma la percezione delle persone, le immagini che vedo nel quotidiano, mi portano continuamente alla mente una sensazione di “bilico”. Riprovo con l’esercizio di lasciarsi catturare dalle piccole cose, a me estremamente caro. Partendo dalle scene semplici, cercando gesti reali e concreti che oggi più che mai mi appaiono surreali per i tempi che viviamo. Guardarsi intorno è sempre valido.
La possibilità di fotografare puramente per se stessi permette ancora, almeno per me e per fortuna – aggiungo – di estraniarsi e ricaricarsi.
A volte preferisco fotografare scenari completamente privi della figura umana, dove solo linee, forme e contrasti attirano la mia attenzione. Mi piacciono le immagini che suscitano una domanda, una reazione, che ti portano brevemente in una storia. Sono soltanto piccole scene dal quotidiano, momenti e istantanee che, forse, attirano solo me. Sono estimatrice della singola foto che per me è come un romanzo.
Tempo fa, durante una chiacchierata fotografica, mi è stato fatto notare che “Vedi con gli occhi di una persona nostalgica“. Non so se è effettivamente così, non so se il mio stato d’animo del momento incida in maniera forte anche sulla mia visione personale delle cose e su come fotografo, ma so che la Fotografia può essere un reale esercizio di analisi personale per ognuno di noi. Un registratore di ricordi che può aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza dei nostri stati d’animo e dei nostri bisogni, magari anche quelli più nascosti. Sicuramente una valvola di sfogo, un modo per rappresentare la propria visione del vissuto quotidiano e un modo anche per analizzare, interpretare, noi stessi.
Alla ricerca dell'ispirazione (perduta)
Per cercare ispirazione spesso mi regalo periodi di detox digitale più o meno lunghi. So che sembra essere un paradosso, coi tempi che corrono. Abbiamo a disposizione milioni di splendide gallerie di fotografie e innumerevoli modi per vederle sui nostri (tanti) dispositivi. Pinterest, Instagram. Li adoro. Tantissimi fotografi da seguire, tantissimi modi di lavorare, tantissime visioni diverse. Eppure…
Eppure è proprio questo “troppo” di tutto che mi disturba e mi allontana dal mio essere.
Ecco perché mi concedo periodi, più o meno lunghi, di detox – digitale e non – che mi portano a scavare dentro di me e a vedere il mondo con occhi più puliti e riposati (NB: E ho notato che fa bene anche all’umore).
Per evitare di sentirsi in bilico oppure per imparare, nonostante tutto quello che ci circonda e attraversiamo, a restare in equilibrio.
Libro consigliato: Capire una fotografia di John Berger.
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