Ricordi wedding

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Quando ho aperto la partita Iva non sapevo bene a cosa andassi incontro, ero solo felice ed elettrizzata per aver avviato finalmente qualcosa di “solo mio” che mi potesse permettere di vivere grazie a una cosa che ho amato e che avevo fortissimamente voluto: la fotografia. Sapevo che avrei dovuto affrontare tante spese ma ero pronta a mettermi in gioco. Mi sono formata da sola nel gestire tutti gli aspetti della mia attività: l’aspetto comunicativo, i canali social, ogni servizio fotografico dalla sua realizzazione fino alla sua impaginazione. Di anni ne sono passati, quando ho chiuso l’attività mi sentivo già soddisfatta per l’esperienza avuta e ho potuto depennare serenamente dalla mia check list il sogno di avere la mia ditta individuale! Voglio condividere una riflessione su questi anni e su cosa mi hanno lasciato.​

Da Fotografa freelance ho fotografato eventi, interni, prodotti da vendere, cibo, vestiti, modelle, auto, opere d’arte. Da sola, in team, con altri fotografi e gomito a gomito con videomaker e altri professionisti del settore foto e video. Ogni esperienza mi ha arricchito, mi ha fatto imparare, mi ha dato ispirazione. Ho fotografato in tante situazioni ma soprattutto ho fotografato persone

Ho visto migliaia di volti, tutti diversi. Una rosa ampia e variegata di emozioni. Ho visto bambini appena nati, bambini crescere, ho visto padri e madri piangere, sposi commuoversi, persone sorridere. Ho smacchiato abiti di spose in lacrime, ho tenuto il vassoio delle ostie per il Sacerdote (era sparito il chirichetto), ho raggiunto in campagna nonni impossibilitati a muoversi per scattare una foto con il nipote appena sposato. Ho vissuto giornate infinite, cerimonie bellissime in luoghi unici, ho visto tramonti, albe, attimi incredibili e tutti irripetibili. Ho lavorato fino a 15 ore di fila, vivendo matrimoni come se fossero i miei, con la stessa ansia e la stessa gioia dei ragazzi che ho visto unirsi in matrimonio.

Rincasavo in auto un po’ più leggera con i finestrini aperti e la musica alta, ripensando alle tante ore di lavoro finalmente finite, ma sempre tesa per la grande responsabilità che mi era stata affidata: raccontare una giornata attraverso una serie di immagini.

Tra i ricordi più buffi, anche “le lotte” con gli invitati muniti di smartphone / tablet / reflex che scattano durante le cerimonie, soprattutto negli ultimi anni. Spesso ti trovi di fianco lo zio o la cugina che scatta spalla a spalla con te, con qualsiasi dispositivo. E i lividi, le gomitate prese (ebbene sì, anche in testa, ragazzi) durante l’uscita degli sposi dalla Chiesa perché qualche invitato doveva fare la foto per primo da postare immediatamente su Facebook! Scene tragicomiche che solo chi ha lavorato nel settore wedding può capire.

L’allegria e il buon umore non devono mancare mai. Anche se può capitare che il tuo lavoro venga poco compreso, qualche volta banalizzato.

Credo che (in fotografia come anche in molte altre circostanze) sia sempre più semplice guardare solo la superficie anziché approfondire andando oltre.

Non tutti comprendono che non è solo la fotocamera a fare la foto. Dietro c’è una mente pensante che cerca di capire come costruire la scena facendo entrare (o non entrare) elementi in scena, valutando la luce, preferendo o meno un taglio rispetto ad una diversa inquadratura. Tutti questi ragionamenti spesso richiedono di essere fatti in una frazione di secondo. “E perché siete in 2 a scattare, uno non ne bastava?”… Beh, perché così facendo possiamo garantire più punti di vista, più prospettive, più visuali e costruire un racconto visivo dinamico ed armonico e quindi impaginare un bell’album. “Ma tanto sono solo DUE foto”… Le due foto tanto decantate dai clienti vengono tirate fuori da una sessione intensa di centinaia di scatti e non sono soltanto semplici immagini ma ricordi, costruiti e confezionati da una persona che vi segue per una giornata intera osservando per voi la cerimonia e raccontandola secondo una personalità e uno stile. Per queste foto i fotografi cerimonialisti lavorano ore ed ore fuori casa (non ci sono ferie pagate, né malattie) con ogni condizione meteo e proseguono con altre lunghe ore di lavoro al computer. Dai fammi ancora una foto”… Normalmente si continua a fare foto, tante, anche se gli sposi ti hanno concesso controvoglia 20 minuti di tempo dopo la cerimonia: è fondamentale scattare il più possibile per raccontare nel migliore dei modi una giornata irripetibile. Anche 30 minuti di scatti in più fanno la differenza. Non si potranno “inventare” dopo gli scatti che non ci è stato concesso fare al momento.

PS: non apriamo le questioni spinose dei costi della partita Iva in Italia! Vi lascio però questo link dove trovate sempre aggiornate le statistiche relative al numero di partite Iva italiane.

Cosa mi manca del mondo wedding e in generale, della cerimonia

Forse il rapporto intimo che si instaura con i clienti durante la lunga giornata del matrimonio o della cerimonia. Il fotografo entra nelle case delle persone, passa con te ed i tuoi cari un giorno importante ed empatia e naturalezza diventano elementi fondamentali. Su questo, mi sentivo particolarmente portata. Il fotografo diventa un po’ confidente, un po’ psicologo. In quelle giornate ho asciugato lacrime, supportato sposi e parenti, aiutato a mettere veli, detto parole di incoraggiamento, ascoltato storie personali, accolto sfoghi. Oltre a fotografare e documentare, continuamente.

Cosa proprio non mi manca… L’ansia di avere clienti a tutti i costi, spesso appiattendo follemente la creatività alla ricerca del consenso di tutti. Professionisti e clienti non sono tutti uguali, con gli stessi bisogni, le stesse idee, lo stesso modo di intendere la fotografia e di raccontare una storia. Bisogna anche accettare serenamente di non poter piacere a tutti. E’ bello la domenica andare fuori porta ed esprimersi liberamente creando belle – spesso anche bellissime – foto. Diverso è seguire per lavoro una cerimonia, fare foto per un catalogo, lavorare per confezionare un reportage su commissione. Non sempre ti senti in forma, in vena, in sintonia (anche col cliente). Negli ultimi anni di attività era venuta a mancare in me la scintilla di entusiasmo necessaria per affrontare al meglio le giornate di shooting. Quando hai scadenze, budget da rispettare, obiettivi – non sempre condivisi – da raggiungere può capitare che si perda un po’ quella libertà di fare che invece potrebbe essere un grande valore aggiunto.

Cosa mi ha regalato fotografare nel settore wedding

Ho aperto la partita Iva nel lontano 2014. Fu un anno incredibilmente difficile, sotto più punti di vista. Prima avevo studiato fotografia a Roma specializzandomi in ritratto e reportage sociale. Volevo lavorare raccontando per immagini ed ho iniziato una stimolante avventura ricca di tante esperienze significative e formative. Mi sentivo felice ma allo stesso tempo intimorita da quello che mi aspettava. Per 7 anni ho vissuto centinaia di esperienze fotografiche diverse che sono state la migliore palestra di sempre. Ho imparato tanto ma la cosa più bella è che, ancora oggi, non smetto di imparare.
Questo percorso è stato utile soprattutto ora che ho intrapreso, da 2 anni, una nuova sfida, ancora più coinvolgente: insegno tecnologie multimediali in Laboratorio presso gli Istituti di secondo grado ad indirizzo Grafica e comunicazione ed Audiovisivo e multimedialeLa fotografia e l’immagine fanno parte dei programmi didattici dei miei studenti e posso dare loro anche consigli pratici e punti di vista utili dati dall’esperienza concreta del fotografo in azione. Anche affrontare emotivamente una giornata di shooting o riprese può essere arduo! Senza considerare tutti gli aspetti tecnici e i problemi che possono verificarsi. Vederli alla prova con progetti concreti, fotografici e video, per me è molto emozionante. Creare da zero, mettersi alla prova, anche avere dei colleghi professionisti e capaci è per me molto stimolante. Anzi, è fonte di confronto e crescita personale.

Dalla fotografia statica a quella in movimento, passando per tutte le fasi progettuali di un prodotto, fotografico e audiovisivo: cerco di seguirli al meglio cercando soprattutto di trasmettere loro l’amore per il mondo meraviglioso e poliedrico delle arti visive ed in particolar modo, della fotografia e del cinema. Una sfida eccezionale!


Progetti per il futuro

Dopo anni di weekend impegnata a scattare foto alle feste degli altri, posso finalmente scattare liberamente e costruire i miei progetti fotografici avendo la libertà di raccontare qualcosa senza dovermi assolutamente limitare e soprattutto vivendo l’esperienza fotografica in modalità “slow“, più intima, con i miei tempi, i miei modi, seguendo totalmente le mie ispirazioni del momento. E’ stato molto liberatorio. Tutto questo mi ha riempito di nuovi stimoli ed aperto la strada a nuove visioni.

Mi piacerebbe seguire un percorso di studi in Arteterapia, nello specifico in applicazione della Fototerapia e del video nella relazione d’aiuto. Alcuni anni fa ho avuto la fortuna di far parte di un progetto interessante che mi ha visto responsabile di un seminario di fotografia in compresenza con Psicologi e Psicoterapeuti nell’ambito del progetto “La salute mentale è un’arte“. Ho preparato i materiali didattici per i partecipanti e condotto il seminario concentrandomi sulla nascita della fotografia, il suo ruolo nella società di ieri ed oggi, l’uso dell’immagine per il raggiungimento del benessere psico-fisico e la conoscenza di se stessi e degli altri. Il progetto, destinato a fasce particolari con presenza di disturbi borderline e altri disturbi psicosomatici, nacque per attuare un intervento di aiuto e di sostegno attraverso l’uso dei materiali artistici fondandosi sul presupposto che il processo creativo messo in atto nel fare Arte produce benessere, migliora la qualità della vita e consente di stabilire un rapporto profondo con se stessi e gli altri.

La fototerapia e la narrazione del sé sono un percorso formativo che già da molti anni si trova nella mia famosa Check list (di cui un giorno mi piacerebbe scrivere). Già dagli anni Settanta del Novecento, dunque in un periodo storico di grande fermento, diversi artisti visivi si sono impossessati della macchina fotografica usandola non più unicamente come strumento di produzione estetica ma sfruttandone, a volte anche inconsapevolmente, le sue potenzialità terapeutiche, trasformandola in un mezzo d’indagine esistenziale. Personalmente trovo bellissimo conoscere e sperimentare le infinite forme con cui l’immagine fotografica si offre alla relazione d’aiuto, per raccontare e raccontarsi.

 

Concludo con questa riflessione: oggi come ieri la fotografia è parte integrante della mia vita e le devo molto. Mi ha reso più sicura quando da ragazzina timida e sognatrice, a 16 anni, impugnavo una semplice macchinetta fotografica (che per me era tutto) e catturavo le prime immagini per dare voce al mio modo personale di vedere il mondo.

Mi ha insegnato a guardarmi intorno ma, soprattutto, a guardarmi dentro.

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